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19 dicembre 2011

SWORD&SWORCERY - MAYBE IT'S TIME FOR MIRACLES


Se c'e' una cosa che non mi e' mai mancata, e' proprio la ciacola (= la chiacchiera, per chi non fosse pratico di dialetto veneto). Ma credetemi se vi dico che scrivere questo pezzo sara' davvero difficile.

Concept: avventura 2D per iPhone.

Concept il piu' breve possibile, perche' quando si deve spiegare qualcosa di straordinario non si possono usale i soliti parametri. Ho scaricato Superbrothers: Sword & Sworcery EP perche' avevo letto una recensione entusiasmante, dovevo tornare a Belluno e volevo qualcosa che mi tenesse compagnia durante le mie 2 ore e mezza di treno. Si tratta di un'avventura 2D principalmente esplorativa, con enigmi che sfruttano le specifiche della periferica Apple (il touch screen e il giroscopio) e qualche raro combattimento. C'e' stato un momento pero' in cui queste caratteristiche sono sfumate: ero sul Fadalto, vicino al lago di Santa Croce, una strettissima gola tra due montagne. Fuori pioveva, nel gioco pioveva, ed e' successo qualcosa. Sono entrata in contatto con una forma di arte talmente pura da avere la sensazione di accarezzarla con le dita, come se non stessi affatto toccando la superficie dell'iPhone. La storia e' di quelle che potrebbero essere raccontate ad un bambino: pochi personaggi, delineati solo con qualche tratto, un'atmosfera precisa e la forte sensazione di vedere un mondo che, inspiegabilmente, gia' si conosce. La guerriera Scythian arriva alla capanna del taglialegna (Logfella, per gli amici), del suo fedele cane (ovviamente, il Dogfella) e di una ragazza (semplicemente, the Girl), in cerca di cio' che le permettera' di compiere il suo destino. Uno spirito maligno e' stato liberato, e solo attraverso il canto degli spiriti la Scythian potra' riportare la pace nella valle. Il gioco prosegue con una tale carica di simbolismo che a tratti provoca vertigine.
Il modo in cui questa semplice storia viene raccontata potrebbe fare scuola: gli interludi hanno per protagonista un misterioso fumatore in giacca e cravatta, the Archetype, in un palco con tanto di sipario rosso, e tutto cio' contribuisce a collocare la vicenda fuori da qualunque tempo e spazio. La qualita' dei dialoghi, dei commenti che spesso ci vengono forniti a cio' che tocchiamo sullo schermo, persino i pensieri segreti dei personaggi trascritti nel magico libro della Scythian (il Megatome, fulcro dell'intero gioco) e' sublime, a patto di conoscere molto bene l'inglese (in caso contrario, la storia diventera' molto difficile da comprendere, poiche' il livello lessicale e dei giochi di parole e' molto alto). Tanta e' la cura riposta nel comparto narrativo che ogni singola frase e' twitterabile direttamente dal gioco (atipico fino in fondo).
Cio' che pero' colpira' allo stesso modo tutti i gamers e' il pacchetto grafico e sonoro: lo stile e' un palese omaggio all'epoca 8-bit, ma composto con una tale cura e classe che i pochi pixel usati per delineare i personaggi sono piu' che sufficienti a renderli incantevoli. Nonostante la binimebsionalita' degli scenari, alcuni scorci sono tanto poetici da essere difficilmente dimenticati. Ma il vero cavallo di battaglia del gioco sta nella musica e nei suoni che accompagnano il giocatore ad ogni tocco di schermo; basti pensare che l'intero lavoro di Jim Guthrie, autore della colonna sonora, e' stato messo in vendita su iTunes in un album autonomo (e che ovviamente fa da sottofondo alle mie giornate da mesi).
Sword&Sworcery e' uno di quei giochi che mi hanno appassionata a tal punto da farmi dire ''e' cosi' bello perche'... e' cosi'... cioe'... dai cavolo e' uno spettacolo!'' Uno di quelli che semplicemente non dimentichero' mai.  Niente screenshot oggi, ma qualcos'altro, perche' ho sempre pensato che la miglior qualita' di un capolavoro sia la sinestesia, e questo gioco ha l'anima profondamente sinestetica. Siamo di fronte alla prova che i videogiochi possono raccontare grandi storie, e raccontarle divinamente; come direbbe the Girl al nostro arrivo, maybe it's time for miracles.



http://www.youtube.com/watch?v=F8y_6o8UvR4


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16 dicembre 2011

LA FAVOLA DI FATA TECNOLOGICA E IL MAGO DELLA MELA


C'era una volta, non molto tempo fa, un luogo incantato nascosto in una strada laterale della citta'. Era una grande stanza illuminata da lunghi neon azzurri e bianchi, avvolta da una nebbiolina di fumo; lungo tutte le pareti, disposti in file ordinate, decine e decine di cabinati di videogiochi aspettavano solo l'arrivo di qualche giocatore per sprigionare tutti i loro incantesimi. Il guardiano della sala, arroccato dietro al suo bancone, distribuiva ai fortunati avventori la chiave del tesoro: dei dobloni d'argento che alimentavano la magia dei cabinati. Quello era il regno della Fata Tecnologica, che aveva creato quei videogiochi intrecciando maglie di zinco con fili di fantasia, per regalare a tutti gli uomini un mondo di emozioni e divertimenti.  Era un posto meraviglioso, e ogni tanto anch'io, che ero piccina, potevo entrarci insieme al mio papa', e pensavo che da grande sarei diventata un guardiano di quel paradiso.
Il tempo passava, la sala magica svolgeva il proprio lavoro, finche' un giorno la Fata Tecnologica decise che le cose dovevano cambiare. Colpi' i cabinati con la punta della bacchetta e li fece diventare piccoli piccoli, fino ad entrare in una scatola da scarpe e spedirli nelle case di tutti i bambini del mondo. Nel giro di qualche anno il videogioco divenne una cosa da ragazzi, e tutti quegli uomini che giocavano a Puzzle Bobble durante la pausa caffe' o che partivano alla volta della sala magica dimenticarono quanto era bello giocare.
La Fata Tecnologica riflette' a lungo su questa nuova situazione, camminando notte e giorno per i lunghi corridoi del suo regno, lasciando dietro di se' una scia di funghetti rossi (che se mangiati, ingrandiscono) e mattoncini colorati che si incastrano tra di loro. I bambini erano felicissimi di avere il proprio cabinatino magico in salotto, che per funzionare non aveva nemmeno bisogno dei dobloni d'argento; d'altro canto, gli uomini grandi non credevano piu' alla magia dei videogiochi, troppo preoccupati ad apparire delle persone serie per abbandonarsi a quelle partite fino a poco tempo prima cosi' piacevoli. La preoccupata fatina decise allora di andare a trovare un suo vecchio amico, il Mago della Mela (che, per qualche strano motivo, e' un frutto molto tecnologico); in passato i due avevano lavorato insieme ad alcuni rivoluzionari videogiochi, ma per diverso tempo le loro strade si erano divise. Come riportare i grandi alla fede nella magia dei videogiochi? Il Mago ebbe un'idea: estrasse dal suo forziere un prototipo a cui stava lavorando da tempo, un cellulare piatto, rettangolare e nero con uno schermo grande e luminoso, che si poteva toccare direttamente con le dita. Perche' non provare a portare i videogiochi all'interno di questo telefono? Cosi' gli adulti avrebbero potuto portarli con loro durante il giorno nel loro telefono super professionale, e giocare in tutta tranquillita' come e quando preferivano. La Fata Tecnologica fu cosi' felice dell'idea che creo' un velo di polvere magica con cui avvolse il mondo intero, cosi' tutti avrebbero potuto scaricare nuovi videogiochi direttamente dal cielo, in qualunque luogo essi si trovassero.
Ed e' cosi' che gli adulti, da lungo tempo lontani e distaccati dalla magia dei videogiochi, tornarono a giocare alla fermata dell'autobus, durante la pausa caffe', in treno o la sera davanti al caminetto, e non dimenticarono piu' il grande dono che la Fata Tecnologica aveva fatto loro molti anni prima: i videogiochi sono fatti per divertire; chi in un modo, chi in un altro, ma compiono tutti la loro missione.

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12 dicembre 2011

ANOTHER WORLD - PONCI PONCI PO PO PO

Da quando sull'App Store sono ricomparsi i grandi giochi delle origini, e' scoppiata la moda del retrogaming. Prima era una cosa trattata con le pinze anche dai pro, ora invece persino mia madre potrebbe uscirsene con ''ma sai che giochino bello ho visto oggi? Ti piacerebbe molto, credo abbia a che fare con un'isola di scimmie'', ignorando i 20 anni di storia che Monkey Island ha alle spalle.  Risultato? Fruit Ninja sta accanto al primo Prince of Persia. Ed e' ben piu' scaricato.
Spulcia qui, spulcia li' nel grande mare azzurro Apple, mi sono trovata una bella sorpresa: Another World, noto anche come Out of this World, con il consueto tastino per passare dalla grafica originale ad una versioncina piu' pulita ed aggiornata, ma comunque molto fedele. Neanche il tempo di dire ''to' che culo!'' ed ecco installato sul mio fedele iPhone un giochino che mi ha sempre tanto incuriosita, ma che per un motivo o per l'altro non ho mai affrontato.

Concept: un'avventura marcatamente platform bidimensionale, nella quale uno scienziato finito su un pianeta alieno deve salvare la pellaccia e tornare a casa.

Non voglio abbandonarmi ad una nostalgica digressione sull'arte di raccontare storie all'eta' dell'8 bit, o sul fascino della grafica rigorosamente 16 colori. Stavolta parlo solo del gameplay, e precisamente del livello di difficolta'. In questo gioco ci si muove a destra e a sinistra, ogni tanto si spara, e raramente si salta o ci si abbassa. Direi che siamo ai livelli di Super Mario. Ebbene, dopo 5 minuti di gioco ho tanta voglia di picchiare la testa contro il muro e di chiedere a Mala di tenere il conto; se fossi veramente rapita dagli alieni, le mie possibilita' di sopravvivenza sarebbero di poco inferiori a quelle dei dodo. Ma che ci vuoi fare, i livelli sono sempre quelli e dai e dai e dai impari a saltare al momento giusto. Superati i primi 10 schemi, il senso di frustrazione torna alla carica: mi ritrovo con l'iPhone in mano e, come quando ero piccina, fisso lo schermo ripetendo ''e adesso che faccio?'' Dopo un'attenta analisi della schermata (ed altre innumerevoli morti) scendo a patti col mio orgoglio e vado a cercarmi un bel video su youtube che sbrogli un po' la matassa. Tutta contenta trotterello verso la soluzione, ma 5 minuti dopo la scena si ripete. Cio' che mi tocca nel profondo e' che i poveri giovincelli che giocarono l'originale non disponevano certo di soluzioni in internet e videoguide. Cosa deve essere stato passare le nottate a fissare la stessa scena alla disperata ricerca di una soluzione, e procedere al ritmo di un 2% alla settimana? Di questo passo, i tuoi figli si sposano giusto in tempo per vedere il finale. E se poi un enigma non si riesce proprio a risolvere? Uno di quelli brutti che piu' ci pensi e piu' ti fossilizzi sui tuoi ragionamenti fallimentari? Cosa si fa, si spera di incontrare uno degli altri 5 nerd italiani che hanno superato quel livello  per chiedere spiegazioni? Un incubo, altro che divertimento! Ma questa era la regola nei videogiochi delle origini, e devo ancora incontrare qualcuno che, all'eta' di 13 anni, sia riuscito a finire Myst, Monkey Island o Civilization senza una guida o una quanche cheat. Ripensandoci, giocare l'ultimo Mass Effect al massimo livello di difficolta' non sembra piu' una cosa cosi' pro. Perche' noi abbiamo la SCELTA di quanti grattacapi vogliamo tra i piedi, mentre quei bei pezzi d'antiquariato erano complicati senza vie di fuga. E' forse perche' i gamer erano quasi tutti adulti, quindi piu' abili, pazienti o rassegnati all'accettazione della difficolta'? Perche' il videogame era una cosina di nicchia e non doveva per forza far sentire figo ogni ragazzino del pianeta? Perche' nel corso degli anni gli sviluppatori hanno partorito teorie sempre piu' precise sulle curve di apprendimento? E' tutto logico e possibile, fatto sta che mettendo accanto Fruit Ninja ed Another World si capisce perfettamente quale dei due appartiene ad un mondo ben lontano dal 'vincere facile' (o meglio, 'vincere e basta', o ancora meglio 'cavarsela').
Ps. Errore mio, Another World ha la selezione della difficolta': io stavo giocando a Modalita' Normale. Adesso provo le uniche altre due modalita': Difficile e Impossibile -.-'
-Sleep mode activated-